Nota ANCI sulle capacità assunzionali dei Comuni

L’ANCI ha elaborato una nota di lettura, datata 24 settembre 2020, relativamente al decreto interministeriale 17 marzo 2020 e alla relativa circolare applicativa del 13 maggio 2020 (pubblicata in Gazzetta Ufficiale lo scorso 11 settembre), che disciplinano i nuovi criteri per definire le capacità di assunzione dei Comuni (“Misure per la definizione delle capacità assunzionali di personale a tempo indeterminato dei Comuni”).

NOTA ANCI




In netto calo i procedimenti disciplinari nella PA

Il Ministero Funzione Pubblica ha reso noti i dati relativi ai provvedimenti disciplinari presi nei confronti dei dipendenti nei primo 8 mesi di quest’anno.

In questo periodo le pubbliche amministrazioni hanno trasmesso 4395 comunicazioni di avvio di procedimento per azione disciplinare a carico dei dipendenti. Di essi, fino al 31 agosto, 2334 sono stati conclusi, 1354 sono ancora in corso e 707 sono sospesi per procedimento giudiziario.

Dei 2334 conclusi, 608 hanno dato luogo all’irrogazione di sanzioni gravi con 97 licenziamenti e 511 sospensioni dal servizio. Inoltre, 21 procedimenti sono stati avviati per falsa attestazione della presenza in servizio (cosiddetti “furbetti del cartellino”).

Questi numeri sono nettamente inferiori rispetto all’analogo epriodo del 2019. Basti dire che i procedimenti avviati sono diminuiti del 48,6%, che i procedimenti sospesi per procedimento giudiziario hanno subito un -64,4% e che i procedimenti conclusi sono calati -46,6%.

L’azione disciplinare non si è mai arrestata, nemmeno durante il periodo del “lockdown”. Tuttavia, l’emergenza epidemiologica ha inevitabilmente influito sui dati: nei primi otto mesi del 2020 abbiamo avuto il 48,6% in meno di procedimenti disciplinari rispetto allo stesso periodo del 2019. Le azioni per falsa attestazione della presenza sono invece diminuite dell’80,9%.

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NO alla trasformazione implicita dei rapporti da tempo determinato a indeterminato

La Corte Costituzionale, con la sentenza 21 luglio-2 settembre 2020, n. 199, sancisce l’illegittimità costituzionale dell’art. 14 della L.R. Sicilia n. 1/2019 che prevedeva il mantenimento in servizio, senza termine finale, del personale precario adibito al servizio antincendio boschivo regionale. Per la Corte Costituzionale una proroga dei contratti del personale precario, senza l’indicazione di alcun termine di durata, determina la trasformazione dei contratti di lavoro in rapporti di impiego a tempo indeterminato, in aperto contrasto con l’art. 97, quarto comma, della Costituzione (“Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge”).

Secondo il Presidente del Consiglio dei Ministri, che ha impugnato la norma, la disposizione è incompatibile con la disciplina contenuta nell’art. 20 del D.Lgs. 75/2017 e con il principio dell’adeguato accesso dall’esterno, che costituisce un precipitato della previsione di cui all’art. 97, quarto comma, della Costituzione.

Il principio del pubblico concorso per l’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni, quando l’intento è di valorizzare esperienze professionali maturate all’interno dell’amministrazione, può andare incontro a deroghe ed eccezioni, attraverso la trasformazione delle posizioni di lavoro a tempo determinato, già ricoperte da personale precario dipendente, a condizione che sia assicurata la generalità della regola del concorso pubblico e che l’area delle eccezioni sia definita in modo rigoroso (sentenze della Corte Costituzionale n. 9/2010, n. 215/2009 e n. 363/2006).

Secondo il costante orientamento della Corte Costituzionale, il concorso pubblico costituisce la forma generale ed ordinaria di reclutamento per le amministrazioni pubbliche, quale strumento per assicurare l’efficienza, il buon andamento e l’imparzialità della pubblica amministrazione (ex plurimis sentenze n. 36/2020, n. 40/2018 e 251/2017).

Invece, la disposizione regionale censurata non indicando un termine finale del rapporto lavorativo, avrebbe consentito un generalizzato ed implicito meccanismo di proroga dei rapporti precari in essere, determinando la prosecuzione del contratto tendenzialmente in via definitiva, senza l’indizione di una selezione pubblica.




La Corte dei Conti sul valore medio procapite del trattamento accessorio

La Corte dei Conti – Sezione regionale di controllo per la Lombardia ha fornito il proprio parere ad alcuni quesiti presentati da un Comune, che si riportano integralmente. Il giudice contabile ha considerato ammissibili solo i questiti 2) e 3) che pur richiamando le modalità di calcolo del salario medio procapite si riferiscono evidentemente al valore medio procapite del trattamento economico accessorio.

Quesiti

“1) sulla costituzione del fondo prima del 31 dicembre e del suo aggiornamento tecnico successivo, come sopra descritto, al fine di poter concludere la sottoscrizione del CCDI economico 2020 in tempi ragionevoli, nonostante il virus COVID-19;

2) sulle concrete modalità di calcolo del salario medio procapite. Questo Comune ritiene che ci si dovrebbe riferire all’importo del Fondo al netto dei valori non soggetti al limite, quali ad esempio i piani di razionalizzazione, le funzioni tecniche, gli incentivi IMU/TARI, e, pertanto, riferirsi al totale depurato delle voci non soggette al vincolo art. 23, comma 2, D.lgs. n. 75/2017;

3) se è possibile considerare, ai fini del calcolo del salario medio, solo il Fondo Risorse Decentrate, con riferimento al solo personale dipendente senza le posizioni organizzative, nel caso in cui l’amministrazione abbia già deciso il non incremento del fondo delle P.O., in caso di aumento del numero dei dipendenti in servizio al 31/12/2020 rispetto a quelli al 31/12/2018. Da una simulazione fatta risulta peraltro un incremento inferiore e quindi più prudente. Nondimeno non è possibile ex Lege procedere ad un incremento del Fondo Lavoro Straordinario;

4) come si determina il numero dei dipendenti in servizio al 31/12/2018;

5) come si determina il numero dei dipendenti in servizio al 31/12/2020;

6) come si procede a quantificare l’aumento del fondo nel 2020 nel caso in cui, ad esempio, nel medesimo anno le assunzioni avverranno dal 01/10/2020? E a regime nel 2021?

7) con riferimento a quale norma del CCNL/2018 si aggiungono le risorse al Fondo?

8) come si procede se ad esempio al 31/12/2021 il numero dei dipendenti in servizio è inferiore a quello considerato al 31/12/2020 e per il quale è stato definito l’incremento del fondo 2020?”

 

Parere

Occorre richiamare in primo luogo la norma su cui verte il quesito del Comune, ossia l’art 33, comma 2, del D.L. 30 aprile 2019 n. 34, convertito nella legge 28 giugno 2019 n. 58, laddove dispone che: “Il limite al trattamento accessorio del personale di cui all’articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 27 maggio 2017, n. 75 è adeguato, in aumento o in diminuzione, per garantire l’invarianza del valore medio pro-capite, riferito all’anno 2018, del fondo per la contrattazione integrativa nonché delle risorse per remunerare gli incarichi di posizione organizzativa, prendendo a riferimento come base di calcolo il personale in servizio al 31 dicembre 2018”

Dal D.M. 17 marzo 2020 di attuazione delle disposizioni del d. l. 34/2019, si evince che resta comunque ferma l’irriducibilità per il trattamento accessorio del limite rappresentato dall’importo determinato per l’anno 2016, laddove nella Premessa dello stesso D.M. si legge “Rilevato che il limite al trattamento economico accessorio di cui all’art. 23, comma 2 del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, è adeguato, in aumento e in diminuzione ai sensi dell’art. 33, comma 1 del decreto-legge n. 34 del 2019, per garantire il valore medio pro capite riferito all’anno 2018, ed in  particolare è fatto salvo il limite iniziale qualora il personale in servizio è inferiore al numero rilevato al 31 dicembre 2018”.

Precisato il quadro normativo di riferimento, i quesiti di cui ai punti 2 e 3 sebbene formulati con riferimento a “modalità di calcolo del salario medio pro capite” si riferiscono evidentemente, stante il richiamo normativo nelle premesse dell’istanza, al valore medio procapite del trattamento economico accessorio.

Il legislatore, con il riportato art. 33, comma 2, al fine di superare la rigidità del vincolo sancito dall’art 23 comma 2 del decreto legislativo 75/2017, per la determinazione del trattamento accessorio del personale degli enti locali il cui tetto era costituito da quello definito nel 2016, ha inteso adeguare il suddetto istituto in maniera flessibile al valore medio pro-capite del fondo e consentire, così, una quantificazione dello stesso in ragione di una spesa che resterà invariata per quanto attiene al valore medio fissato al 31 dicembre 2018.

Per la determinazione del “ valore medio pro-capite” occorre considerare (sommare) sia il valore del fondo relativo alle risorse per la contrattazione decentrata sia le risorse destinate alla remunerazione delle P.O. L’interpretazione letterale dell’art 33 della D.L.34/2019 nella parte sopra riportata non consente una scissione tra le due componenti in quanto la disposizione in commento, dopo aver affermato la necessità di garantire “l’invarianza del valore medio pro-capite, riferito all’anno 2018, del fondo per la contrattazione integrativa “, aggiunge l’espressione “nonché delle risorse per remunerare gli incarichi di posizione organizzativa, prendendo a riferimento come base di calcolo il personale in servizio al 31 dicembre 2018” .

Tale interpretazione oltre ad essere supportata dal dato letterale, è suffragata dal richiamo della disposizione stessa all’art. 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017 n. 75, che stabilisce “a decorrere dal 1° gennaio 2017, l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non può superare il corrispondente importo determinato per l’anno 2016.”, fissando un limite al “trattamento accessorio” globalmente inteso senza distinzione alcuna ai fini della determinazione del tetto massimo.

Per stabilire il valore medio pro capite previsto dall’art 33, comma 2, del D.L. 34/2019 in argomento, non vi sono, quindi, elementi che possano portare a una diversificazione dei fondi ai fini che qui interessano.

In senso conforme è la deliberazione della Sezione regionale di controllo per la Liguria PAR 56/2019 “La differente modalità di copertura finanziaria non ha inciso, tuttavia, sul limite di finanza pubblica da osservare ai sensi dell’art. 23, comma 2 del D. Lgs. n. 75/2017. Infatti, l’art. 67, comma 7 del nuovo CCNL, sopra menzionato, ha confermato, in modo esplicito, che “la quantificazione del Fondo risorse decentrate e di quelle destinate agli incarichi di posizione organizzativa, di cui all’art. 15, comma 5, deve comunque avvenire, complessivamente, nel rispetto dell’art. 23, comma 2 del D. Lgs. n. 75/2017 (Cfr. anche Sezione regionale di controllo Basilicata n. 2/2019/PAR, Sezione controllo Lombardia, n. 200/2018/PAR).

D’altra parte anche sotto un profilo logico e pragmatico non sarebbe di nessuna utilità considerare in maniera distinta le risorse delle P.O. per determinare un valore medio delle stesse non solo per la diversificazione notevole dei valori che possono interessare le posizioni organizzative, ma soprattutto perché in caso di costituzione di nuove posizioni organizzative la norma non consentirebbe una variazione in aumento del suddetto valore medio.

In conclusione, per determinare il costo medio pro-capite occorre procedere sommando il valore del fondo per la contrattazione decentrata con il valore complessivo delle risorse destinate al finanziamento delle P.O. e dividere l’importo risultante per il numero di tutti i dipendenti in servizio al 31/12/2018, comprese le posizioni organizzative.

La quantificazione del fondo, ai fini della determinazione del valore medio poi, deve essere fatta con riferimento soltanto a quelle voci che concorrono a determinare il tetto del trattamento accessorio di cui all’art 23 del decreto legislativo 75/2017.

Il  Collegio non può dare riscontro ai quesiti di cui ai n 1) 4) 5 )6) 7 )8), che non richiedono l’interpretazione di norme di contabilità pubblica, ma attengono alla richiesta di individuazione di norme contrattuali o alla definizione di procedure amministrative di competenza dell’Ente ovvero risultano incomprensibili (quesito n.1) e pertanto sono inammissibili.




Scuola: autorizzata la deroga alla spesa per assunzioni a tempo determinato

Il Consiglio dei ministri n. 63, ha approvato il decreto legge che introduce disposizioni urgenti per la pulizia e la disinfezione dei locali adibiti a seggio elettorale e per il regolare svolgimento dei servizi educativi e scolastici gestiti dai Comuni.

In considerazione della situazione pandemica e del rischio di contagio da Coronavirus connesso allo svolgimento dei compiti istituzionali, il testo istituisce nello stato di previsione del Ministero dell’Interno un fondo con una dotazione di 39 milioni di euro per l’anno 2020, destinato a interventi di sanificazione dei locali sedi di seggio elettorale in occasione delle consultazioni elettorali e referendarie del mese di settembre 2020.

Inoltre, al fine di assicurare il regolare svolgimento dei servizi educativi e scolastici gestiti direttamente dai Comuni, anche in forma associata, nonché l’attuazione delle misure finalizzate alla prevenzione e al contenimento dell’epidemia, si prevede che la maggiore spesa sostenuta dai Comuni, rispetto a quella dell’anno 2019, per personale educativo, scolastico e ausiliario con contratti di lavoro subordinato a tempo determinato non si computi nel calcolo dei limiti di spesa previsti per le forme di lavoro flessibile dall’articolo 9, comma 28, del decreto legge n. 78 del 2010.




Assunzioni di personale nei Comuni: circolare FP sul decreto attuativo

Circolare sul decreto del Ministro per la pubblica amministrazione, attuativo dell’articolo 33, comma 2, del decreto-legge n. 34 del 2019, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 58 del 2019, in materia di assunzioni di personale da parte dei comuni

Premessa.
Il c.d. Decreto Crescita (decreto-legge n. 34/2019), all’art. 33, ha introdotto una modifica significativa della disciplina relativa alle facolta’ assunzionali dei comuni, prevedendo il superamento delle attuali regole fondate sul turn over e l’introduzione di un sistema maggiormente flessibile, basato sulla sostenibilita’ finanziaria della spesa di personale.

A seguito di intesa in Conferenza Stato-citta’ in data 11 dicembre 2019 e tenuto conto di quanto deliberato dalla Conferenza medesima in data 30 gennaio 2020, e’ stato adottato il decreto del Ministro per la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e il Ministro dell’interno 17 marzo 2020 (di seguito «decreto attuativo») recante «Misure per la definizione delle capacita’ assunzionali di personale a tempo indeterminate dei comuni» disponendo specificatamente l’entrata in vigore del provvedimento a decorrere dal 20 aprile 2020, in luogo della data del 1° gennaio 2020 come previsto inizialmente, al fine di cosi’ regolare meglio il passaggio al nuovo regime.

Il decreto attuativo, oltre alla decorrenza del nuovo regime, disciplina i seguenti ambiti:
1. specificazione degli elementi che contribuiscono alla determinazione del rapporto spesa di personale/entrate correnti al netto del fondo crediti di dubbia esigibilita’ stanziato in bilancio di previsione;
2. individuazione delle fasce demografiche e dei relativi valori-soglia;
3. determinazione delle percentuali massime di incremento annuale.

1.1 Decorrenza del decreto attuativo.
«Art. 1. (Finalita’, decorrenza, ambito soggettivo). – 1. Il presente decreto e’ finalizzato, in attuazione delle disposizioni di cui all’art. 33, comma 2, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, ad individuare i valori soglia, differenziati per fascia demografica, del rapporto tra spesa complessiva per tutto il personale, al lordo degli oneri riflessi a carico dell’amministrazione, e la media delle entrate correnti relative agli ultimi tre rendiconti approvati, considerate al netto del fondo crediti di dubbia esigibilita’ stanziato in bilancio di previsione, nonche’ ad individuare le percentuali massime annuali di incremento della spesa di personale a tempo indeterminato per i comuni che si collocano al di sotto dei predetto valori soglia.
2. Le disposizioni di cui al presente decreto e quelle conseguenti in materia di trattamento economico accessorio contenute all’art. 33, comma 2, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, si applicano ai comuni con decorrenza dal 20 aprile 2020.».
Il nuovo regime sulla determinazione della capacita’ assunzionale dei comuni previsto dall’art. 33, comma 2, del citato decreto-legge n. 34/2019 si applica a decorrere dal 20 aprile 2020. Al fine di non penalizzare i comuni che, prima della predetta data, hanno legittimamente avviato procedure assunzionali, con il previgente regime, anche con riguardo a budgets relativi ad anni precedenti, si ritiene che, con riferimento al solo anno 2020, possano esser fatte salve le predette procedure purche’ siano state effettuate entro il 20 aprile le comunicazioni obbligatorie ex art. 34-bis della legge n. 165/2001 e successive modifiche ed integrazioni, sulla base dei piani triennali del fabbisogno e loro eventuali aggiornamenti secondo la normativa vigente. Quanto precede solo ove siano state operate le relative prenotazioni nelle scritture contabili (principio contabile 5.1 di cui al paragrafo n. 1 dell’allegato 4.2 al decreto legislativo n. 118/2011). Attesa la finalita’ di regolare il passaggio al nuovo regime, la maggiore spesa di personale rispetto ai valori soglia, derivante dal far salve le predette procedure assunzionali gia’ avviate, e’ consentita solo per l’anno 2020. Pertanto, a decorrere dal 2021, i comuni di cui al comma 3 dell’art. 6 del decreto attuativo, che, sulla base dei dati 2020, si collocano, anche a seguito della maggiore spesa, fra le due soglie assumono – come parametro soglia a cui fare riferimento nell’anno successivo per valutare la propria capacita’ assunzionale – il rapporto fra spesa di personale ed entrate correnti registrato nel 2020 calcolato senza tener conto della predetta maggiore spesa del 2020. I comuni di cui al comma 1 dell’art. 6 del decreto attuativo, che si collocano sopra la soglia superiore, nel 2021 devono conseguire un rapporto fra spesa di personale ed entrate correnti non superiore a quello registrato nel 2020 calcolato senza tener conto della predetta maggiore spesa del 2020.

Si richiama l’attenzione dei comuni sulla circostanza che la possibilita’ di derogare transitoriamente, per far salve le procedure assunzionali in corso, ai valori di spesa derivanti dalle soglie e’ consentita nel primo anno di applicazione ma non negli anni successivi, pertanto, nel procedere alle maggiori assunzioni, e’ necessaria una valutazione circa la capacita’ di rientro nei limiti di spesa del 2021 fissati dalla norma.
Il decreto attuativo chiarisce che, anche le disposizioni in materia di trattamento economico accessorio contenute nell’art. 33 del decreto-legge n. 34 del 2019, si applicano con la medesima decorrenza definita per il nuovo regime assunzionale (art. 1, comma 2). Sotto questo profilo, nelle premesse del decreto stesso e’ contenuta l’importante specificazione secondo cui «e’ fatto salvo il limite iniziale qualora il personale in servizio e’ inferiore al numero rilevato al 31 dicembre 2018». Cio’ significa che il predetto limite iniziale non e’ oggetto di riduzione in caso di cessazioni superiori alle assunzioni di personale a tempo indeterminato realizzatesi in vigenza del richiamato art. 33 del decreto-legge n. 34/2019.

1.2 Specificazione degli elementi che contribuiscono alla determinazione del rapporto spesa/entrate.
«Art. 2. (Definizioni). – 1. Ai fini del presente decreto sono utilizzate le seguenti definizioni: a) spesa del personale: impegni di competenza per spesa complessiva per tutto il personale dipendente a tempo indeterminato e determinato, per i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, per la somministrazione di lavoro, per il personale di cui all’art. 110 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonche’ per tutti i soggetti a vario titolo utilizzati, senza estinzione del rapporto di pubblico impiego, in strutture e organismi variamente denominati partecipati o comunque facenti capo all’ente, al lordo degli oneri riflessi ed al netto dell’IRAP, come rilevati nell’ultimo rendiconto della gestione approvato; b) entrate correnti: media degli accertamenti di competenza riferiti alle entrate correnti relative agli ultimi tre rendiconti approvati, considerate al netto del fondo crediti di dubbia esigibilita’ stanziato nel bilancio di previsione relativo all’ultima annualita’ considerata.».
L’art. 2 contiene la definizione delle voci da inserire al numeratore e al denominatore del rapporto ai fini della determinazione del valore di riferimento per ciascuna amministrazione.
Al fine di determinare, nel rispetto della disposizione normativa di riferimento e con certezza ed uniformita’ di indirizzo, gli impegni di competenza riguardanti la spesa complessiva del personale da considerare, sono quelli relativi alle voci riportati nel macroaggregato BDAP: U.1.01.00.00.000, nonche’ i codici spesa U1.03.02.12.001; U1.03.02.12.002; U1.03.02.12.003; U1.03.02.12.999. Per «entrate correnti» si intende la media degli accertamenti di competenza riferiti ai primi tre titoli delle entrate, relativi agli ultimi tre rendiconti approvati, considerati al netto del FCDE stanziato nel bilancio di previsione relativo all’ultima annualita’ considerata, da intendersi rispetto alle tre annualita’ che concorrono alla media.
Deve essere, altresi’, evidenziato che il FCDE e’ quello stanziato nel bilancio di previsione, eventualmente assestato, con riferimento alla parte corrente del bilancio stesso.
Al fine di determinare, nel rispetto della disposizione normativa di riferimento e con certezza ed uniformita’ di indirizzo, le entrate correnti da considerare appare opportuno richiamare gli estremi identificativi di tali entrate, come riportati negli aggregati BDAP accertamenti, delle entrate correnti relativi ai titoli I, II e III: 01 Entrate titolo I, 02 Entrate titolo II, 03 Entrate titolo III, Rendiconto della gestione, accertamenti.
Nel caso dei comuni che hanno optato per l’applicazione della tariffa rifiuti corrispettiva secondo l’art. 1, comma 668, della legge n. 147/2013 e hanno in conseguenza attribuito al gestore l’entrata da Tari corrispettiva e la relativa spesa, la predetta entrata da Tari va contabilizzata tra le entrate correnti, al netto del FCDE di parte corrente, ai fini della determinazione del valore soglia.

1.3 Individuazione delle fasce demografiche e dei relativi valori-soglia: casistiche applicative.
Il decreto attuativo individua due distinte soglie, in relazione alle quali sono ipotizzabili le tre fattispecie che di seguito si illustrano.
Prima fattispecie: comuni con bassa incidenza della spesa di personale sulle entrate correnti, ai quali e’ riconosciuta una capacita’ di spesa aggiuntiva per assunzioni a tempo indeterminato.
«Art. 4. (Individuazione dei valori soglia di massima spesa del personale). – 1. In attuazione dell’art. 33, comma 2, del decreto-legge n. 34 del 2019, nella seguente Tabella 1, sono individuati i valori soglia per fascia demografica del rapporto della Spesa del personale dei comuni rispetto alle Entrate correnti, secondo le definizioni dell’art. 2:

 Tabella 1
             ===========================================
             |    Fasce demografiche   | Valore soglia |
             +=========================+===============+
             |a) comuni con meno di    |               |
             |1.000 abitanti           |     29,50%    |
             +-------------------------+---------------+
             |b) comuni da 1.000 a     |               |
             |1.999 abitanti           |     28,60%    |
             +-------------------------+---------------+
             |c) comuni da 2.000 a     |               |
             |2.999 abitanti           |     27,60%    |
             +-------------------------+---------------+
             |d) comuni da 3.000 a     |               |
             |4.999 abitanti           |     27,20%    |
             +-------------------------+---------------+
             |e) comuni da 5.000 a     |               |
             |9.999 abitanti           |     26,90%    |
             +-------------------------+---------------+
             |f) comuni da 10.000 a    |               |
             |59.999 abitanti          |     27,00%    |
             +-------------------------+---------------+
             |g) comuni da 60.000 a    |               |
             |249.999 abitanti         |     27,60%    |
             +-------------------------+---------------+
             |h) comuni da 250.000 a   |               |
             |1.499.999 abitanti       |     28,80%    |
             +-------------------------+---------------+
             |i) comuni con 1.500.000  |               |
             |di abitanti e oltre      |     25,30%    |
             +-------------------------+---------------+

2. A decorrere dal 20 aprile 2020, i comuni che si collocano al di sotto del valore soglia di cui al comma 1 , fermo restando quanto previsto dall’art. 5, possono incrementare la Spesa di personale registrata nell’ultimo rendiconto approvato, per assunzioni di personale a tempo indeterminato, in coerenza con i piani triennali dei fabbisogni di personale e fermo restando il rispetto pluriennale dell’equilibrio di bilancio asseverato dall’organo di revisione, sino ad una spesa complessiva rapportata alle entrate correnti, secondo le definizioni dell’art. 2, non superiore al valore soglia individuato dalla Tabella 1 del comma 1 di ciascuna fascia demografica.». La tabella contenuta nell’art. 4, comma 1, del decreto attuativo rappresenta, in relazione a ciascuna fascia demografica, i rispettivi valori-soglia di riferimento. In base al secondo comma del richiamato art. 4, i comuni che si collocano al di sotto del rispettivo valore soglia possono incrementare la spesa di personale registrata nell’ultimo rendiconto approvato, per assunzioni di personale a tempo indeterminato, sino ad una spesa complessiva rapportata alle entrate correnti non superiore a tale valore soglia.
Tale potenzialita’ espansiva della spesa esplichera’ i suoi effetti progressivamente, secondo incrementi annuali indicati nel successivo paragrafo 2.4, a cui si rinvia, relativo alla definizione delle percentuali massime di incremento annuale (individuate dall’art. 5 del decreto attuativo).

Seconda fattispecie: comuni con elevata incidenza della spesa di personale sulle entrate correnti, ai quali e’ richiesto di attuare una riduzione del rapporto spesa/entrate.
«Art. 6. (Individuazione dei valori soglia di rientro della maggiore spesa del personale). – 1. I comuni in cui il rapporto fra Spesa del personale e le Entrate correnti, secondo le definizioni dell’art. 2, risulta superiore al valore soglia per fascia demografica individuato dalla tabella 3 del presente comma adottano un percorso di graduale riduzione annuale del suddetto rapporto fino al conseguimento nell’anno 2025 del predetto valore soglia anche applicando un turn over inferiore al 100 per cento.

Tabella 3 
 
             ===========================================
             |    Fasce demografiche   | Valore soglia |
             +=========================+===============+
             |a) comuni con meno di    |               |
             |1.000 abitanti           |     33,5%     |
             +-------------------------+---------------+
             |b) comuni da 1.000 a     |               |
             |1.999 abitanti           |     32,6%     |
             +-------------------------+---------------+
             |c) comuni da 2.000 a     |               |
             |2.999 abitanti           |     31,6%     |
             +-------------------------+---------------+
             |d) comuni da 3.000 a     |               |
             |4.999 abitanti           |     31,2%     |
             +-------------------------+---------------+
             |e) comuni da 5.000 a     |               |
             |9.999 abitanti           |     30,9%     |
             +-------------------------+---------------+
             |f) comuni da 10.000 a    |               |
             |59.999 abitanti          |     31,0%     |
             +-------------------------+---------------+
             |g) comuni da 60.000 a    |               |
             |249.999 abitanti         |     31,6%     |
             +-------------------------+---------------+
             |h) comuni da 250.000 a   |               |
             |1.499.999 abitanti       |     32,8%     |
             +-------------------------+---------------+
             |i) comuni con 1.500.000  |               |
             |di abitanti e oltre      |     29,3%     |
             +-------------------------+---------------+

2. A decorrere dal 2025, i comuni in cui il rapporto fra spesa del personale e le Entrate correnti, secondo le definizioni dell’art. 2, risulta superiore al valore soglia per fascia demografica individuato dalla tabella 3 del presente comma, applicano un turn over pari al 30 per cento fino al conseguimento del predetto valore soglia.
3. …omissis …».
La seconda casistica riguarda gli enti nei quali si registra un’elevata incidenza della spesa di personale sulle entrate correnti, quindi enti con un alto grado di rigidita’ del proprio bilancio. A tal fine il decreto attuativo, all’art. 6, individua una seconda e piu’ elevata soglia per ciascuna fascia demografica (superiore di 4 punti percentuali rispetto alle soglie di cui all’art. 4). I comuni in cui il rapporto fra spesa del personale e le Entrate correnti risulti superiore al valore-soglia di cui all’art. 6, sono tenuti ad adottare un percorso di graduale riduzione annuale del predetto rapporto, fino al conseguimento del valore soglia. A tal fine possono operare sia sulla leva delle entrate che su quella della spesa di personale, eventualmente «anche» applicando un turn over inferiore al 100 per cento.
Nell’eventualita’ che la soglia-obiettivo non sia raggiunta nel 2025, il decreto attuativo prevede un turn over ridotto al 30%, sino al raggiungimento della soglia, come gia’ previsto dall’art. 33, comma 2, del decreto-legge n. 34/2019.

Terza fattispecie: comuni con moderata incidenza della spesa di personale.
«Art. 6. (Individuazione dei valori soglia di rientro della maggiore spesa del personale). – 1. … omissis… 2. … omissis…
3. I comuni in cui il rapporto fra spesa del personale e le Entrate correnti, secondo le definizioni dell’art. 2, risulta compreso fra i valori soglia per fascia demografica individuati dalla tabella 1 del comma 1 dell’art. 4 e dalla tabella 3 del presente comma.». Rientrano nella terza casistica i comuni in cui il rapporto fra la spesa di personale e le Entrate correnti risulta compreso fra i valori soglia individuati dall’art. 4, comma 1, e dall’art. 6, comma 1, del decreto attuativo per ciascuna fascia demografica. I comuni che si collocano in questa fascia intermedia possono incrementare la propria spesa di personale solo a fronte di un incremento delle entrate correnti tale da lasciare invariato il predetto rapporto. Questi comuni, in ciascun esercizio di riferimento, devono assicurare un rapporto fra spesa di personale ed entrate correnti non superiore a quello calcolato sulla base dell’ultimo rendiconto approvato.

1.4 Determinazione delle percentuali massime di incremento «Art. 5 (Percentuali massime annuali di incremento del personale in servizio). – 1. In sede di prima applicazione e fino al 31 dicembre 2024, i comuni di cui all’art. 4, comma 2, possono incrementare annualmente, per assunzioni di personale a tempo indeterminato, la spesa del personale registrata nel 2018, secondo la definizione dell’art. 2, in misura non superiore al valore percentuale indicato dalla seguente Tabella 2, in coerenza con i piani triennali dei fabbisogni di personale e fermo restando il rispetto pluriennale dell’equilibrio di bilancio asseverato dall’organo di revisione e del valore soglia di cui all’art. 4, comma 1:

Tabella 2

=====================================================================
| Fasce demografiche | 2020 | 2021 | 2022 | 2023 | 2024 |
+====================+==========+==========+========+=======+=======+
|a) comuni con meno | | | | | |
|di 1.000 abitanti | 23,0% | 29,0% | 33,0% | 34,0% | 35,0% |
+--------------------+----------+----------+--------+-------+-------+
|b) comuni da 1.000 a| | | | | |
|1.999 abitanti | 23,0% | 29,0% | 33,0% | 34,0% | 35,0% |
+--------------------+----------+----------+--------+-------+-------+
|c) comuni da 2.000 a| | | | | |
|2.999 abitanti | 20,0% | 25,0% | 28,0% | 29,0% | 30,0% |
+--------------------+----------+----------+--------+-------+-------+
|d) comuni da 3.000 a| | | | | |
|4.999 abitanti | 19,0% | 24,0% | 26,0% | 27,0% | 28,0% |
+--------------------+----------+----------+--------+-------+-------+
|e) comuni da 5.000 a| | | | | |
|9.999 abitanti | 17,0% | 21,0% | 24,0% | 25,0% | 26,0% |
+--------------------+----------+----------+--------+-------+-------+
|f) comuni da 10.000 | | | | | |
|a 59.999 abitanti | 9,0% | 16,0% | 19,0% | 21,0% | 22,0% |
+--------------------+----------+----------+--------+-------+-------+
|g) comuni da 60.000 | | | | | |
|a 249.999 abitanti | 7,0% | 12,0% | 14,0% | 15,0% | 16,0% |
+--------------------+----------+----------+--------+-------+-------+
|h) comuni da 250.000| | | | | |
|a 1.499.999 abitanti| 3,0% | 6,0% | 8,0% | 9,0% | 10,0% |
+--------------------+----------+----------+--------+-------+-------+
|i) comuni con | | | | | |
|1.500.000 di | | | | | |
|abitanti e oltre | 1,5% | 3,0% | 4,0% | 4,5% | 5,0% |
+--------------------+----------+----------+--------+-------+-------+

2. Per il periodo 2020-2024, i comuni possono utilizzare le facolta’ assunzionali residue dei cinque anni antecedenti al 2020 in deroga agli incrementi percentuali individuati dalla tabella 2 del comma 1, fermo restando il limite di cui alla Tabella 1 dell’art. 4, comma 1 di ciascuna fascia demografica, i piani triennali dei fabbisogni di personale e il rispetto pluriennale dell’equilibrio di bilancio asseverato dall’organo di revisione.
3. … omissis…».
Rispetto a quanto specificato al precedente paragrafo, i comuni che si collocano nella prima casistica, e che cioe’ rilevano nell’anno di riferimento un’incidenza della spesa di personale sulle entrate correnti inferiore al valore-soglia definito dall’art. 4 del decreto attuativo, possono incrementare annualmente la spesa del personale registrata nel 2018, in misura non superiore al valore percentuale indicato dalla tabella introdotta dall’art. 5 del decreto medesimo, e fermo in ogni caso il rispetto del valore-soglia. Si fa presente che i valori percentuali riportati in tabella rappresentano un incremento rispetto alla base «spesa di personale 2018», per cui la percentuale individuata in ciascuna annualita’ successiva alla prima ingloba la percentuale degli anni precedenti. Si tratta di una misura finalizzata a rendere graduale la dinamica di crescita della spesa di personale, comunque nei limiti massimi consentiti dal valore-soglia di riferimento.
Tale limitazione alla dinamica di crescita puo’ tuttavia essere derogata, e quindi superata, nel caso di comuni che abbiano a disposizione facolta’ assunzionali residue degli ultimi cinque anni (c.d. resti assunzionali). Cio’ vuol dire che il comune puo’ utilizzare i propri resti assunzionali anche in deroga ai valori limite annuali di cui alla Tabella 2 del decreto attuativo, in ogni caso entro i limiti massimi consentiti dal valore soglia di riferimento.
Si evidenzia che, per rendere possibile l’utilizzo effettivo delle risorse che si liberano in applicazione della nuova disciplina, l’art. 6 specifica che «la maggior spesa per assunzioni di personale a tempo indeterminato derivante da quanto previsto dagli articoli 4 e 5 non rileva ai fini del rispetto del limite di spesa previsto dall’art. 1, commi 557-quater e 562, della legge 27 dicembre 2006, n. 296».
1.5 Ulteriori misure per i piccoli comuni e le Unioni. «Art. 5. (Percentuali massime annuali di incremento del personale in servizio). – 1. … omissis…
2. … omissis…
3. Per il periodo 2020-2024, i comuni con meno di 5 mila abitanti, che si collocano al di sotto del valore soglia di cui alla Tabella 1 dell’art. 4 comma 1 di ciascuna fascia demografica, che fanno parte dell’«Unione di comuni» prevista dall’art. 32 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e per i quali la maggior spesa per personale consentita dal presente articolo risulta non sufficiente all’assunzione di una unita’ di personale a tempo indeterminato, possono, nel periodo 2020-2024, incrementare la propria spesa per il personale a tempo indeterminato nella misura massima di 38.000 euro non cumulabile, fermi restando i piani triennali dei fabbisogni di personale e il rispetto pluriennale dell’equilibrio di bilancio asseverato dall’organo di revisione. La maggiore facolta’ assunzionale ai sensi del presente comma e’ destinata all’assunzione a tempo indeterminato di una unita’ di personale purche’ collocata in comando obbligatorio presso la corrispondente Unione con oneri a carico della medesima, in deroga alle vigenti disposizioni in materia di contenimento della spesa di personale previsto per le Unioni di comuni.».
Il comma 3 dell’art. 5 del decreto attuativo detta disposizioni specifiche per i piccoli comuni. Per il periodo 2020-2024, i comuni con meno di 5.000 abitanti, che si collocano al di sotto del valore soglia definito dall’art. 4 (valore-soglia piu’ basso), che fanno parte di Unioni di comuni, e per i quali la maggior spesa di personale consentita dal decreto non risulterebbe sufficiente all’assunzione di almeno una unita’ di personale a tempo indeterminato, hanno la facolta’ incrementare la propria spesa nella misura massima di 38.000 euro (costo medio lordo stimato per un dipendente a tempo pieno e indeterminato), al fine di assumere a tempo indeterminato un’unita’ di personale da collocare in comando obbligatorio presso l’Unione, con oneri a carico della stessa.
2. Effetti della nuova disciplina in materia di mobilita’. La definizione delle facolta’ assunzionali ancorate alla sostenibilita’ finanziaria implica una necessaria lettura orientata della norma recata dall’art. 14, comma 7, del decreto-legge n. 95/2012, secondo cui «le cessazioni dal servizio per processi di mobilita’ … non possono essere calcolate come risparmio utile per definire l’ammontare delle disponibilita’ finanziarie da destinare alle assunzioni o il numero delle unita’ sostituibili in relazione alle limitazioni del turn over». Si tratta di una disposizione che e’ riconducibile alla regolamentazione delle facolta’ assunzionali basata sul turnover, con la conseguenza che la stessa deve ritenersi non operante per i comuni che siano pienamente assoggettati alla vigenza della disciplina fondata sulla sostenibilita’ finanziaria. Conseguentemente le amministrazioni di altri comparti, nonche’ province e citta’ metropolitane, che acquisiranno personale in mobilita’ da comuni assoggettati alla neo-introdotta normativa non potranno piu’ considerare l’assunzione neutrale ai fini della finanza pubblica, ma dovranno effettuarla a valere sulle proprie facolta’ assunzionali. Quanto precede al fine di assicurare la neutralita’ della procedura di mobilita’ a livello di finanza pubblica complessiva. In termini operativi, sara’ necessario che – nell’ambito dei procedimenti di mobilita’ extra compartimentali e nella programmazione triennale del fabbisogno di personale – si dia espressamente conto di tale circostanza.
Viceversa, la norma continua a essere operante per gli enti che – secondo le modalita’ precedentemente indicate – continuano ad applicare transitoriamente la previgente normativa.




Le capacità assunzionali ed il salario accessorio delle posizioni organizzative

Le amministrazioni comunali prive di dirigenti possono continuare a destinare una parte delle proprie capacità assunzionali all’aumento del salario accessorio delle posizioni organizzative in essere alla data di entrata in vigore del CCNL 21 maggio 2018.

Sono queste le indicazioni che, in modo consolidato, vengono fornite dalle sezioni regionali di controllo della magistratura contabile. Esse assumono, quindi, che le disposizioni di cui all’articolo 11 bis, comma 2, del d.l. n. 135/2018 che consentono di aumentare le somme destinate al finanziamento del salario accessorio delle posizioni organizzative in essere nell’ente in deroga al tetto del salario accessorio, continuano ad essere pienamente applicabili, non essendo state abrogate, neppure implicitamente, dalla entrata in vigore delle nuove regole sulle capacità assunzionali di cui all’articolo 33 del d.l. n. 34/2019.

Anzi, per le amministrazioni virtuose, che ricordiamo sono quelle che possono aumentare la propria spesa del personale entro i tetti fissati dal Decreto dei Ministri della Pubblica Amministrazione, dell’Economia e delle Finanze e dell’Interno del 17 marzo 2020, ciò si traduce in un ampliamento delle somme a propria disposizione.

Ricordiamo che in modo consolidato le Corti dei conti ritengono che questo incremento non possa essere utilizzato per finanziare la istituzione di nuove posizioni organizzative, anche negli enti senza dirigenza; il che finisce con il determinare un limite assai rilevante alla autonomia organizzativa delle singole amministrazioni.




È danno erariale l’assenza di differenziazione nella valutazione dei dipendenti

(estratto da: La Gazzetta degli Enti Locali)

La sentenza della Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Lombardia 27 agosto 2020, n. 132 evidenzia la produzione del danno erariale conseguente alla violazione dell’obbligo imposto dall’articolo 18, comma 2, del d.lgs. 150/2009 di differenziare la valutazione dei dipendenti.

Nel caso di specie, la sentenza entra in un quadro di condanne più ampio, che ha riguardato le valutazioni del 2011 presso la provincia di Pavia, ove il presidente aveva assegnato a tutti i dirigenti la medesima valutazione o ove, sulla base di un sistema organizzativo eufemisticamente qualificabile come bizzarro, i dirigenti di vertice hanno valutato i dirigenti in posizione organizzativa (sic) adeguandosi all’appiattimento valutativo del presidente.

La sostanza è questa: “L’illiceità dell’erogazione del trattamento stipendiale accessorio (in particolare dell’indennità di risultato dirigenziale) in assenza di una differenziazione basata sull’analisi dei risultati gestionali costituisce ius receptum nella giurisprudenza della Corte dei conti (tra i tanti pronunciamenti, si vedano Corte dei conti, Sez. I App. n.241/2018; id. sez. III App. n.609/2016; id., Sez. Puglia, n.217/2019; id., III App., n.301/2015; id, Sez. Veneto, n.481/2009), con conseguente perfezionamento, nel caso di specie, di un’ipotesi di responsabilità erariale”.

Scrive inoltre la Corte: “Il fondamento dell’illecito consiste nell’aver sostanzialmente annientato la valutazione dei dirigenti ed aver disposto, in palese assenza di motivazione ed a fronte, per contro, della laboriosa istruttoria precedentemente espletata con riguardo alle attività svolte all’interno dei singoli settori (ancorchè rivelatasi carente ed insufficiente secondo i rappresentanti del Nucleo di Valutazione) un giudizio di attribuzione del massimo punteggio a tutti i dirigenti in posizione organizzativa”.
Si rappresenta in concreto una situazione estremamente frequente: gli enti adottano complicati sistemi di valutazione ed attribuzione dei punteggi, richiedenti appunto istruttorie laboriose, produzione di documenti, necessità di contraddittorio con i destinatari, schede, proposte, interventi dell’organo di governo. Un polverone (favorito dalle velleitarie disposizione normative) dietro il quale, poi, nascondere appunto l’annientamento della valutazione: attribuire a tutti la stessa valutazione significa non valutare.

Apporto del Nucleo di valutazione. La Procura contabile aveva poggiato l’illiceità della valutazione appiattita ed uguale per tutti anche sulla base dell’assenza della sottoscrizione delle schede da parte del Nucleo di valutazione.

La sentenza, tuttavia, non dà molto rilievo a questo aspetto. Afferma che la responsabilità amministrativa non sia dipesa dalla necessità o meno dell’intervento del Nucleo, bensì dalla valutazione rapportata al massimo per tutti in modo non differenziato.

Iniziativa del presidente della provincia. Del resto, l’idea di valutare tutti i dirigenti al massimo è del presidente della provincia di Pavia, che, pur tenendo conto dell’istruttoria valutativa, ha ritenuto comunque di procedere in tal modo, in relazione alla “particolare contingenza gestionale del 2011”.

Non risulta ancora chiaro, negli Enti locali, che sebbene il Nucleo di valutazione o l’Organismo indipendente di valutazione elabori una “proposta” di valutazione rivolta all’organo di governo, questo non ha la possibilità di annullare totalmente gli esiti di un’azione integralmente di carattere tecnico.

La proposta dei valutatori non è definita vincolante dalla norma, il che dà spazio per eventuali interlocuzioni tra organo di governo e valutatore, allo scopo di comprendere meglio gli esiti e poterli mettere anche in discussione. Ma, allo scopo, nel rispetto della dialettica tra proposta e provvedimento finale, tale ultimo potrebbe sconvolgere la proposta solo con una motivazione profonda, del medesimo valore e tenore tecnico.
È da escludere che l’organo di governo disponga di un potere apodittico di stravolgimento totale dell’operato dell’organo valutatore, come avvenuto nel caso di specie.

 Obbligo di differenziazione. La sentenza colpisce la violazione dell’obbligo imposto in maniera molto chiara dall’articolo 18, comma 2, del d.lgs 150/2009 (norma tra le più violate dell’ordinamento): “E’ vietata la distribuzione in maniera indifferenziata o sulla base di automatismi di incentivi e premi collegati alla performance in assenza delle verifiche e attestazioni sui sistemi di misurazione e valutazione adottati ai sensi del presente decreto”.

Nonostante ciò, molte amministrazioni violano questo espresso come questo, forse per la presunta assenza di sanzioni. Ma, al di là della circostanza che la sanzione c’è, come dimostra la sentenza, è sufficientemente chiaro che in ogni caso il principio di legalità dell’azione amministrativa vincola le scelte e non consente di violare le norme.

In ogni caso, c’è da chiedersi se la corretta applicazione delle previsioni contrattuali che obbligheranno anche per la dirigenza a differenziare la valutazione individuale con una quota non inferiore al 30% del valore medio pro-capite delle valutazioni escluderà, in futuro, la responsabilità per inadempimento alla prescrizione normativa.

Prescrizione. La sentenza ribadisce che la prescrizione di fatti dannosi per l’erario non decorre dal loro compimento, bensì dalla conoscibilità effettiva ed utile per porvi rimedio.

Nel caso di specie, l’illecita distribuzione dei premi è stata disvelata solo a seguito dell’ispezione ministeriale; quindi la prescrizione decorre dagli esiti di questa, anche se svolta anni dopo l’adozione dei provvedimenti dannosi.

Dirigenti p.o. La provincia di Pavia si era organizzata distinguendo dirigenti di vertice e dirigenti in posizione organizzativa, di fatto configurata come fossero posizioni organizzative del comparto, ma retribuiti con stipendio da dirigenti.

Un paradosso insensato, tanto più che il sistema di valutazione della provincia di Pavia prevedeva che il sistema di valutazione dei dirigenti p.o. fosse omologato appunto a quello dei funzionari in posizione organizzativa. Si tratta di una violazione clamorosa dei contratti collettivi e delle disposizioni normative connesse alle prerogative dirigenziali.

La Corte non si esprime esplicitamente su questo sistema fortemente viziato di configurare la dirigenza, ma scrive: “avuto riguardo al quadro normativo di riferimento, deve riconoscersi che l’assetto ordinamentale non risultava obiettivamente chiaro in ordine alla possibilità che i dirigenti non apicali degli enti locali potessero essere valutati direttamente dal dirigente di vertice alla stregua dei funzionari in p.o. e senza l’intervento di un organo terzo di controllo. Da un lato effettivamente la disciplina dell’Organismo Indipendente di Valutazione della performance di cui all’art.14 D.Lgs. n.150/2009, prevedeva e prevede che la valutazione di tale organo sia limitata ai dirigenti di vertice, dall’altro lato, tale disciplina non trovava invero applicazione diretta presso la Provincia di Pavia, la quale continuava a regolare le attività di controllo tramite i Nuclei di Valutazione previsti dalle previgenti norme sopra richiamate. Le disposizioni regolamentari interne non prevedevano differenziazioni di regime tra 32 i dirigenti apicali ovvero in posizione organizzativa e l’indennità di risultato era disciplinata nel medesimo contesto procedimentale. Tuttavia la Provincia di Pavia, con la Deliberazione della Giunta n.74/2010, aveva previsto una assimilazione della valutazione dei dirigenti in p.o. a quella dei funzionari in p.o., prevedendo che questi ultimi venissero valutati dal dirigente sovraordinato”.

 Responsabilità della dirigente condannata. Questo assetto ordinamentale oggettivamente assurdo e viziato è, tra l’altro, all’origine della condanna pronunciata contro la dirigente che ha valutato un altro dirigente in p.o., sempre riconoscendo il massimo e senza alcuna specifica indagine valutativa, alla stregua di quanto deciso dal presidente della provincia per gli altri dirigenti.

La Corte tiene a precisare che si tratta di una responsabilità integralmente ascrivibile alla sola dirigente, molto chiaramente indotta alla piaggeria da una cattiva interpretazione del ruolo e delle funzioni della dirigenza e, in particolare, della sua autonomia tecnica.

Inoltre, nega, come del resto da sempre ritiene la magistratura contabile, che una presunta “copertura politica” possa esimere da responsabilità i dirigenti che, rinunciando alle prerogative d’ufficio, pensano di basare la loro gestione non sulle regole tecniche o sulle norme, bensì su mal concepite ed interpretate “linee politiche”.

Mancata consulenza giuridica del segretario. La sentenza evidenzia che il segretario comunale è mancato al dovere di supportare con la propria funzione di consulenza giuridico amministrativa l’attività valutativa.
Questo, tuttavia, non rileva al fine di escludere la responsabilità della dirigente condannata, ma solo a ridurre del 10% il valore della somma da risarcire.

Programmazione della gestione. Il potere riduttivo è stato esercitato riducendo del 50% la determinazione del danno (corrispondente ovviamente al premio corrisposto) in ragione della circostanza che l’avvenuta programmazione delle attività consentiva anche a posteriori un minimo di valutazione dell’operato della dirigenza.
Infatti, evidenziano i giudici, “può essere ritenuto equo limitare il danno erariale concretamente subito dall’ente ad una quota pari al 50% delle somme premiali erogate, in linea con la previsione delle Linee Guida interne (pag.5 di 6) secondo la quale il trattamento premiale per i risultati di gestione si sarebbe potuto ammettere a condizione che fosse stato superato il 50% degli obiettivi assegnati (circostanza questa ragionevolmente verificatasi in concreto, anche alla luce dell’intervenuta presa d’atto della Giunta Provinciale dei risultati raggiunti dai dirigenti)”.

 




Al via le richieste di anticipo del TFS/TFR dei dipendenti pubblici

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 221 del 5 settembre è stato pubblicato il Dpcm 19 agosto 2020 contente l’approvazione dell’Accordo quadro per il finanziamento bancario dell’anticipo sulla liquidazione dell’indennità di fine servizio (TFS, TFR altrimenti denominata e determinata) dei dipendenti pubblici, così come previsto dall’articolo 23, comma 2, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26.

Il Decreto era stato annunciato dal Ministro Dadone nei giorni scorsi, assieme alla piattaforma telematica che servirà a gestire le richieste e l’intera procedura di erogazione.

Domanda di anticipo TFS/TFR

Il Decreto contiene in allegato il modello di domanda di anticipo della liquidazione ed anche quello di richiesta di finanziamento contro cessione pro solvendo del TFR/TFS.

L’importo dell’anticipo è determinato sulla base degli importi dell’indennità al netto delle imposte. Il tasso di interesse annuo (non inferiore a 0,40%) è fisso, pari al rendimento medio dei titoli pubblici (Rendistato) con durata analoga al finanziamento, maggiorato di 0,40%.  Ai fini delle condizioni del finanziamento, le banche aderenti possono offrire anche condizioni migliorative rispetto a quelle previste dall’Accordo.

I finanziamenti di anticipo TFS/TFR possono anche essere ceduti dalla banca, in tutto o in parte, ma conservando sempre  le medesime garanzie che assistono i finanziamenti originari.

E’ possibile procedere con l’estinzione anticipata del finanziamento stesso (anche parziale), pagando per importi residui superiori a 10mila euro una penale massima dello 0,30% dell’importo rimborsato in anticipo.

Il provvedimento contempla le varie casistiche del caso, a partire dalle richieste avanzate dai dipendenti pubblici andati in pensione con la Quota 100.

MODULISTICA RICHIEDENTE

Di seguito sono disponibili i seguenti moduli:

  • Richiesta di finanziamento contro cessione pro solvendo dell’indennità di fine servizio comunque denominata – Proposta contrattuale di finanziamento verso l’anticipo della liquidazione dell’indennità di fine servizio comunque denominata ex art. 23, del dl n. 4, convertito con modificazioni dalla legge 28 marzo 2019, n.a 26 (scarica il documento).
  • Domanda di anticipo della liquidazione del TFS/TFR, mediante finanziamento ex art. 23, del dl n. 4, convertito con modificazioni dalla legge 28 marzo 2019, n. 26 (scarica e compila).
  • Autocertificazione dello stato di famiglia (scarica e compila).

Ai fini della richiesta della certificazione del diritto all’anticipazione, se l’ente che eroga il trattamento è l’INPS, la domanda dovrà essere presentata secondo le istruzioni indicate nell’apposita sezione del portale dell’Istituto.




Anche il Tribunale di Ivrea conferma la non obbligatorietà del Fondo Perseo Sirio

A seguito della ben nota sentenza del Tribunale di Arezzo, il Tribunale di Ivrea ha confermato che i lavoratori dipendenti del Comune – nella fattispecie un agente di Polizia Locale – di mantenere l’iscrizione al proprio fondo pensionistico e conseguentemente di destinare al fondo stesso le quote di sua spettanza dei proventi di cui all’art.208 Dlgs. 285/92 (proventi delle sanzioni amministrative) maturate dopo il 21 maggio 2018.

In altri termini, il Tribunale di Ivrea ha dichiarato l’illegittimità della delibera con cui il Comune non consentiva ai lavoratori di poter mantenere la precedente adesione ad un Fondi diverso dal Perseo Sirio, per contrasto con l’art. 56 quater del CCNL Funzioni Locali del 21/5/2018.

 

Sentenza Ivrea fondo Perseo Sirio




SPID: nuova modalità di accesso ai servizi del Ministero del Lavoro

​A partire dal 15 novembre 2020 si accederà a tutti i servizi online del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali esclusivamente tramite SPID, il Sistema Pubblico di Identità Digitale. Pertanto, non sarà più possibile utilizzare le precedenti credenziali del portale informativo e di servizio, Cliclavoro.

Il Dicastero entra così nel novero di quelle amministrazioni pubbliche che consentono ai cittadini di accedere, con le credenziali SPID o elDAS per i Paesi stranieri aderenti, al portale ministeriale per l’erogazione dei servizi. Per gli altri Paesi stranieri che non adottano eIDAS resta la possibilità di accesso ai servizi digitali previa registrazione al portale.

“L’importante intervento di digitalizzazione – dichiara il Ministro Nunzia Catalfo – si colloca all’interno di un più ampio percorso di rinnovamento tecnologico dell’Amministrazione, avviato nel 2008 e proseguito negli anni, per far fronte alle sfide imposte dalla trasformazione digitale. Le nostre abitudini stanno cambiando in fretta, coinvolte nel processo di trasformazione digitale; la tecnologia è sempre più presente nelle nostre vite. L’accesso ai servizi online è una prassi sempre più diffusa ed è quindi necessario stare al passo coi tempi, parlare ai cittadini in un’unica lingua innovativa e per far ciò è importante uniformare i processi”.

Come è noto, il Ministero era già pronto “a transitare” verso un unico sistema di autenticazione nei primi mesi dell’anno in corso, ma il sopraggiungere dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 ne ha impedito l’avviamento previsto lo scorso marzo. “Tuttavia – prosegue il Ministro – adesso è prioritaria l’esigenza di accelerare sulla trasformazione digitale e sulla possibilità di erogare servizi telematici, come recentemente confermato dal Decreto Semplificazioni”. “In questa direzione – conclude Catalfo – abbiamo avviato un confronto sul tema con il Ministero per l’Innovazione Tecnologica e la Digitalizzazione, l’Agenzia per l’Italia Digitale (AGID) e l’INPS, concordando che da metà novembre non sarà più possibile accedere ai servizi digitali del Ministero utilizzando strumenti di autenticazione diversi da SPID”.

Il Sistema Pubblico di Identità Digitale sarà così l’unico strumento di autenticazione che consentirà ai cittadini, pubbliche amministrazioni e imprese di interagire non solo con il Ministero, ma anche con l’intero sistema pubblico e con i soggetti privati che aderiscono, costituendo di fatto un sistema aperto agli sviluppi europei.




Le regole per esclusione delle festività infrasettimanali dal turno

L’ARAN, con il parere  n.3246/2020. ha cambiato la posizione precedentemente assunta con il parere n. 649/2020. Ora si delinea uno spazio interpretativo nuovo che apparentemente sembra superare un consolidato orientamento precedente dell’Agenzia. Agli Enti infatti è riconosciuta maggiore autonomia.
In sintesi, dunque, secondo il nuovo orientamento dell’ARAN l’Ente può decidere in autonomia di escludere dall’orario di servizio le giornate di festività infrasettimanali.
Ma di conseguenza le stesse non possono essere prese in considerazione neppure ai fini dell’articolazione settimanale dell’orario di lavoro.
Tuttavia la decisione di non rendere la prestazione dovuta in giornata festiva infrasettimanale afferisce alla sola autonomia gestionale del singolo ente, il quale dovrà assumersi ogni forma di responsabilità in ordine all’interruzione del servizio istituzionale.
Questo anche in presenza di una organizzazione di lavoro per turni che l’Ente ha adottato per garantire proprio la continuità del servizio, nel rispetto della regolamentazione contrattuale.
Inoltre, ultimo punto, ma non meno importante: per il personale turnista viene meno l’obbligo della prestazione lavorativa. E cade il vincolo della perfetta coincidenza tra orario di lavoro e orario di servizio per il turnista, presente nel vecchio parere dell’ARAN.



Ammesse le POER in attesa dei concorsi pubblici per dirigenti

tratto da giustizia-amministrativa.it
Per la Corte Costituzionale è legittima, nelle more dell’espletamento di concorsi per dirigenti, la previsione di incarichi non dirigenziali temporanei per il personale già in servizio
La Consulta dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale relative alle disposizioni contenute nell’art. 1, comma 93, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, con cui: da un lato, in attesa di espletare i concorsi pubblici per il reclutamento di dirigenti delle Agenzie fiscali, vengono istituite specifiche posizioni organizzative (POER) da affidare previa procedura selettiva a funzionari interni delle medesime Agenzie; dall’altro lato, con riguardo alle ridette procedure concorsuali da svolgere si prevede per i dipendenti delle Agenzie fiscali, qualora in possesso di determinati requisiti professionali e di esperienza, la possibilità di evitare le prove preselettive nonché di aspirare sino al 50% dei posti dirigenziali messi a concorso.



Compenso incentivante da liquidare anche se l’opera pubblica non è realizzata

tratto da leggiditalia.it
La PO dell’area tecnica e RUP al fine di ottenere il compenso incentivante ai sensi dell’art. 113, comma 2D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 ha presentato una “dichiarazione sulla corretta effettuazione delle attività e prestazioni affidategli e sullo svolgimento delle stesse senza errori e/o ritardi” e predisposto la relativa determina di liquidazione. Tra gli appalti per i quali si chiede l’incentivo se ne riscontra uno in particolare che ha dato avvio ad un lungo contenzioso con sentenza del Consiglio di Stato che ha dato ragione al ricorrente. Si chiede se sussistono elementi per non liquidare l’incentivo per il caso in questione ed chi può decidere nel merito (segretario/giunta).
Il quesito proposto trova risposta in una recente sentenza della Corte di Cassazione Civile, Sez. lavoro n. 10222 del 28 maggio 2020.
Nel caso di specie è esaminata una vicenda in cui gli incentivi tecnici non sono stati liquidati dall’Ente perchè l’opera pubblica non è stata più realizzata ma le conclusioni cui sono addivenuti i giudici sono assimilabili al caso odierno.
Nello specifico, la Corte di Cassazione, sconfessando il Regolamento di cui l’Ente si era dotato (che prevedeva appunto il pagamento degli incentivi soltanto alla conclusione dell’opera) ha sancito il principio secondo il quale “la sorte della retribuzione accessoria reclamata dai dipendenti non può essere condizionata alla mancata conclusione delle successive fasi (oppure nel caso di specie dalla soccombenza ad un contenzioso), tanto che in mancanza di queste ultime verrebbero meno le precedenti attività pur completate”.
Tale conclusione è molto importante e deriva dal fatto che i citati incentivi derogano alla disciplina generale del trattamento accessorio dettata dal D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (art. 45), in quanto il legislatore ha previsto, in una logica premiale ed al fine di valorizzare le professionalità esistenti all’interno delle pubbliche amministrazioni, un compenso ulteriore, da attribuire, secondo le modalità stabilite dalle diverse versioni della norma succedutesi nel tempo, al personale impegnato nelle attività di progettazione interna agli enti oltre che in quelle di esecuzione dei lavori pubblici.
A nostro parere, pertanto, l’incentivo è comunque da riconoscere e liquidare al personale dell’Ente per le specifiche attività svolte, secondo le previsioni del proprio regolamento comunale, fermo restando l’eventuale accertamento (con conseguente mancata partecipazione alla ripartizione degli incentivi), a carico dei dipendenti coinvolti, del mancato rispetto di obblighi di legge e/o regolamentari o il mancato svolgimento dei compiti assegnati secondo la dovuta diligenza richiesta (se previsto nel proprio regolamento).



Coronavirus: la quarantena equivale a periodo di malattia

Con il riaccendersi dei focolai Covid-19, torna di attualità una delle prime misure urgenti prese dal Governo con il decreto Cura Italia: i lavoratori che sono posti in quarantena per contenere il rischio di contagio da Coronavirus, hanno diritto alla prestazione lavorativa della malattia.

In pratica, i giorni trascorsi a casa (la quarantena dura 15 giorni) non si calcolano ai fini del superamento del periodo di comporto e vengono altresì retribuiti. Il riferimento è l’articolo 26, comma 1, del decreto 18/2020. Quanto previsto dal Legislatore riguarda il periodo trascorso in isolamento con sorveglianza attiva (persone che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva) o in permanenza domiciliare fiduciaria (cioè che hanno fatto ingresso in Italia da zone a rischio) dei lavoratori dipendenti.

La seconda definizione resta valida e si applica anche declinata in base a specifiche ordinanze locali legate al rischio di contagio da Coronavirus. In ogni caso, è il Dipartimento di prevenzione della Asl a disporre il provvedimento di quarantena o sorveglianza in base alle indicazioni che possono arrivare dalla persone stessa, dall’azienda o dai medici di base.

Questi ultimi redigono il certificato, specificando gli estremi del provvedimento che ha dato origine alla quarantena con sorveglianza attiva o alla permanenza domiciliare. Il provvedimento può venire emesso dall’autorità sanitaria in relazione a una delle notizie sopra riportate.

Esempio: un lavoratore segnala di avere avuto un contatto stretto con un caso confermato di Covid. L’azienda provvede ad avvisare l’autorità sanitaria (ci sono appositi numeri di emergenza per il Covid-19 forniti dalla Regione o dal ministero della Salute) che a sua volta prende le contromisure indicate.

I medici di base hanno precise indicazioni da parte delle autorità e di conseguenza sanno esattamente quando prescrivere la quarantena. Ricordiamo che l’indicazione del ministero è quella di rivolgersi al medico di base, chiamandolo al telefono, evitando invece di andare in pronto soccorso o in ambulatorio. La quarantena, come è noto, dura 15 giorni.

Attenzione: sono considerati validi i certificati di malattia trasmessi, prima dell’entrata in vigore del decreto Cura Italia (quindi, prima del 17 marzo), anche in assenza dell’indicazione del provvedimento in base al quale si dispone la quarantena.

La quarantena equivale a un periodo di malattia. Ed è quindi retribuita di conseguenza. E non vale ai fini del periodo di comporto (il numero massimo di giorni in cui un lavoratore può stare a casa per malattia mantenendo il diritto al posto di lavoro).

Contatti a rischio

Specifichiamo cosa significa , in base alle indicazioni del Ministero della Salute:

  • persona che vive nella stessa casa di un caso di COVID-19;
  • una persona che ha avuto un contatto fisico diretto con un caso di COVID-19 (per esempio la stretta di mano);
  • persona che ha avuto un contatto diretto non protetto con le secrezioni di un caso di COVID-19 (ad esempio toccare a mani nude fazzoletti di carta usati);
  • persona che ha avuto un contatto diretto (faccia a faccia) con un caso di COVID-19, a distanza minore di 2 metri e di durata maggiore a 15 minuti;
  • persona che si è trovata in un ambiente chiuso (ad esempio aula, sala riunioni, sala d’attesa dell’ospedale) con un caso di COVID-19 per almeno 15 minuti, a distanza minore di 2 metri;
  • operatore sanitario od altra persona che fornisce assistenza diretta ad un caso di COVID19 oppure personale di laboratorio addetto alla manipolazione di campioni di un caso di COVID-19 senza l’impiego dei DPI raccomandati o mediante l’utilizzo di DPI non idonei;
  • persona che abbia viaggiato seduta in aereo nei due posti adiacenti, in qualsiasi direzione, di un caso di COVID-19, i compagni di viaggio o le persone addette all’assistenza e i membri dell’equipaggio addetti alla sezione dell’aereo dove il caso indice era seduto (qualora il caso indice abbia una sintomatologia grave od abbia effettuato spostamenti all’interno dell’aereo, determinando una maggiore esposizione dei passeggeri, considerare come contatti stretti tutti i passeggeri seduti nella stessa sezione dell’aereo o in tutto l’aereo).

C’è una precisazione per i datori di lavoro: gli oneri connessi alla quarantena, per i quali si presenta domanda agli enti previdenziali, sono a carico dello Stato.

Sottolineiamo infine che sono diverse le regole che si applicano ai dipendenti in possesso del riconoscimento di disabilità grave (articolo 3, comma 3, legge 104/1992), nonché in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico legali attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita: in questi casi, fino al 30 aprile, il periodo di assenza dal servizio prescritto dalle competenti autorità sanitarie, è equiparato al ricovero ospedaliero.