Il governo nel Def: nuovi contratti dei dipendenti pubblici nel 2022, dei dirigenti nel 2023

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I rinnovi contrattuali dei dipendenti pubblici saranno firmati nel 2022. E quelli dei dirigenti nel 2023. La previsione è del governo, scritta a pagina 28 dell’allegato al Def che illustra le «analisi e tendenze della finanza pubblica». E delinea un calendario più realistico rispetto a quelli che prospettano una firma quest’anno. Perché sul piano politico l’accelerazione impressa dal Patto di Palazzo Chigi fra governo e sindacati è stata netta. Ma su quello pratico la strada non è breve.

Per portare gli aumenti nelle buste paga di gennaio 2022, come ipotizzato per esempio in ambienti sindacali almeno per i comparti delle Funzioni centrali (ministeri, agenzie ed enti pubblici nazionali) e sanità, il contratto va firmato al massimo entro il 20 dicembre. Ma questa è solo l’ultima tappa di una procedura complessa. La prima stazione è rappresentata dall’atto di indirizzo, che fissa i principi guida per i negoziati. Nel caso di Regioni e sanità, l’atto di indirizzo vanno all’esame del governo, che ha 20 giorni per verificarne la compatibilità con gli indirizzi di politica economica. Poi partono le trattative, che sfociano nell’«ipotesi di accordo». L’accordo è un’«ipotesi» perché prima di trasformarsi in un contratto deve superare una fitta griglia di verifiche, da parte dei comitati di settore e della Ragioneria generale, e deve essere certificata dalla Corte dei conti. Sul testo che ha ricevuto il bollo della magistratura contabile viene messa la firma definitiva. L’esperienza insegna che calcoli e timbri richiedono almeno due mesi, per cui l’accordo sull’ipotesi andrebbe firmato entro la metà di ottobre. E quattro mesi dall’avvio della macchina all’accordo stabilirebbero un record assoluto.

Per il momento siamo ai preliminari. Giovedì scorso è stato firmato l’accordo quadro sui comparti, che contempla un rinvio di tre mesi per le aree dirigenziali inceppate sul problema della collocazione dei dirigenti tecnici della sanità.

Nulla ovviamente vieta di accelerare al massimo. E al ministero della Pa i motori viaggiano a pieni giri. La direttiva «madre» è pronta (l’ha anticipata Il Sole 24 Ore del 26 marzo), l’atto di indirizzo per le Funzioni centrali è in attesa del via libera da parte del ministero dell’Economia, e il ministro Brunetta è stato netto nel chiedere di accelerare anche agli altri comparti, sanità in testa.

Il Def però è esplicito nella previsione delle firme l’anno prossimo per i dipendenti (e per sicurezza e difesa), e quello successivo per i dirigenti. E da questa previsione fa discendere i numeri della spesa per gli stipendi pubblici. Che quest’anno arriverà a 176,5 miliardi (+1,8% rispetto al 2020) mentre crescerà in modo più vivace nel 2022 (+5.4% a 186 miliardi) anche perché con le firme dei contratti arriveranno gli arretrati.

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