Incontro all’ARAN per il rinnovo contrattuale

 

Si è svolto oggi il previsto incontro tra le OO.SS. rappresentative nel pubblico impiego e l’ARAN, sui temi relativi alla stagione contrattuale 2016/18.

Tale incontro, nei giorni scorsi, ha fatto diffondere la convinzione che si è giunti concretamente all’apertura delle trattative per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego.

In realtà non sono state ancora emanate le consuete direttive all’ARAN dai vari comitati di settore e pare che solo quelle relative al comparto Amministrazioni Centrali sia prossima all’emanazione e pertanto, in assenza di tale fondamentale passaggio, è ben difficile immaginare che si possa aprire concretamente la contrattazione tra l’Agenzia di rappresentanza contrattuale delle pubbliche amministrazioni e le Federazioni di categoria rappresentative nei vari nuovi comparti.

Ciò nonostante, è palese che il quadro normativo di riferimento ha subito consistenti modifiche con i recenti interventi legislativi e che taluni di questi interventi introducono o modificano norme comuni a tutti i comparti, non afferenti a specialità contrattuali, e che sarebbe opportuno cercare di avere una gestione sollecita di tali aspetti, al fine di offrire alla contrattazione dei comparti un quadro stabile di riferimento.

Resta ovviamente aperto il rilevante aspetto economico che a nostro avviso è ben lungi dall’essere definito.

In tal senso si è espressa la delegazione CISAL, che pur confermando la propria disponibilità all’avvio di un immediato confronto collaborativo su tutti gli aspetti che non afferiscono all’autonomia contrattuale dei singoli comparti, ma che hanno un effetto “cornice” e che derivano da provvedimenti legislativi, ha precisato che la dimensione degli importi per i rinnovi contrattuali, i famosi 85 euro, sono assolutamente inadeguati e, invece, occorrono stanziamenti decisamente più consistenti. Considerato che la prossima legge di stabilità è ancora da definire, è necessario che sia rivisto lo stanziamento.

Anche un altro capitolo, come quello della previdenza complementare, che pure è salito all’onore delle cronache e si ritiene bisognoso di interventi di sostegno, paga una contraddizione di fondo: è ben congruo parlare di interventi sulla previdenza complementare, magari destinando una parte delle risorse contrattuali, quando, per il lungo periodo di blocco dei contratti, i lavoratori pubblici hanno subito anche un danno che pagheranno per il resto della vita con il mancato adeguamento del montante contributivo.

Nei prossimi giorni si delineerà se si procederà con il proseguo del confronto tra confederazioni rappresentative e l’Agenzia, sui temi generali come su detto, o se, in presenza di un’eventuale accelerazione dell’atto di indirizzo per il settore Amministrazioni Centrali, si potrà direttamente avviare il confronto in tale settore cogliendo anche la possibilità di effettuare un approccio ai temi più generali e comuni.

Riservandoci di diffondere con tempestività i prossimi aggiornamenti, si inviano cordiali saluti.

 

Il Segretario Generale

Francesco Garofalo

 

 

 

 

 

 




Dipartimento Regioni: Verbale della riunione del 23 maggio

 

In apertura, il Segretario Generale illustra le finalità dell’incontro, fissando come primo punto la raccolta di firme avviata tempo addietro tra i lavoratori e le lavoratrici iscritti per verificarne il consenso ad avviare delle azioni legali al fine di far abrogare la Legge Delrio. Secondo Garofalo, in base a quanto ha potuto constatare personalmente, c’è la volontà di tornare allo stato antecedente al referendum costituzionale e pone in particolare l’accento sugli appartenenti al corpo di Polizia Provinciale, che si trovano in una situazione di stallo e, di fatto, non possono più espletare la propria attività.

La questione va esaminata categoria per categoria e regione per regione, in quanto i trasferimenti attuati da ciascun Ente Regione hanno seguito criteri difformi. Ma il problema riguarda tutta l’Italia e pertanto il Dipartimento, afferma il Segretario, deve avere ben chiara la situazione per poter poi predisporre una piattaforma con cognizione di causa. In sostanza, si tratta di coniugare la doverosa battaglia che va fatta contro una legge che è anticostituzionale a tutti gli effetti, e l’azione volta a ricomporre le declaratorie contrattuali in base a quanto è accaduto.

Tutta la vicenda si interseca con la rappresentatività e le prossime elezioni RSU. I trasferimenti di personale hanno alterato gli equilibri in tal senso, il che impone di trovare un meccanismo per salvaguardare le nostre posizioni e così evitare che i sindacati confederali acquistino maggiore forza.

Prima ancora, però, bisogna elaborare proposte concrete e sostenibili. Secondo Garofalo, tornare alla situazione pre-Delrio sarebbe un bene. La realtà è che la provincia, nel frattempo, è stata svuotata nelle funzioni e in taluni casi hanno subito la sovrapposizione dell’Area Metropolitana e dell’Area Vasta. Ma il fatto più grave è che le Province oggi non hanno più il ristorno dei fondi dal governo centrale, bensì soltanto una quota parte.

Passando all’esame delle singole realtà regionali, Luigi Serra ha affermato che in Piemonte la situazione è insostenibile; ben 800 dipendenti sono stati trasferiti dalla Provincia alla Regione, una parte come “riallocati” lavorano nelle funzioni che la Regione si è ripresa, una parte come “distaccati”, svolgono funzioni riprese dalla Regione ma delegate alla Provincia, e sono comunque pagati dalla Regione. Quindi il problema è che il fondo sul quale sono inserite queste 800 persone è il loro fondo provinciale storico, proporzionalmente più basso di quello regionale.  In prospettiva quindi si aspettano un aumento, poiché le indennità sono maggiori in Regione che in Provincia, e nessuno vuole fare il passo indietro. E tali criticità vanno di pari passo con le RSU.

Daniela Brini conferma che i colleghi della Provincia sono restii a tornare indietro, e se proprio questo dovesse accadere, dovrebbe essere assicurato un aumento salariale.

In aggiunta a quanto indicato dai colleghi della Regione Piemonte, rendo noto che nel corso della raccolta firme per l’abolizione della Delrio, diversi lavoratori della Città Metropolitana di Torino si sono rifiutati di firmare la petizione auspicando un trasferimentodelle funzioni e del personale alla Regione che come ente offre maggiore garanzia di solidità e uno stipendio più alto (AkimZanforlin).

Garofalo interviene per sottolineare che, a prescindere dalle RSU, bisogna innanzitutto rasserenare i lavoratori e sviluppare una piattaforma che li salvaguardi al di là della loro attuale collocazione. I dipendenti di Regioni, Province ed Enti Locali devono essere tutti uguali. Di fatto, il problema non è tanto il Contratto Nazionale quanto i Contratti Decentrati, dove si sono create situazioni di disparità che non dovrebbero esserci.

Per quanto riguarda il Piemonte, alla luce dei trasferimenti attuati, bisogna capire su quanti RSU puntare per avere un risultato migliore. Se gli 800 di cui si parlava non votano CSA gli equilibri in regione si spostano enormemente; pertanto va fatta un’analisi precisa e successivamente predisporre la piattaforma.

In tale prospettiva, un punto nodale da chiarire è se ci si deve battere contro la Delrio a prescindere dai lavoratori. Si osserva infatti che livellare oggi i due mondi significa livellare i contratti decentrati, con la conseguenza di scendere, anziché salire. Più a monte, il problema è come muoversi per far sì che il Contratto Nazionale riporti al centro la soddisfazione dei dipendenti, stabilendo un livello di garanzia per tutti.

Santino Paladino, dopo aver fatto presente che in Sicilia la situazione è drammatica, afferma che innanzitutto bisogna tutelare i dipendenti che possono ritrovarsi da un momento all’altro senza stipendio. Quanto alla raccolta delle firme, bisogna dargli un seguito, anche se non sarà facile, perché è un’azione che ci fa distinguere dal nulla delle altre organizzazioni sindacali. A suo avviso, inoltre, dovremmo inserirci sul discorso della conversione in legge del DL 50 del 24 aprile, recante iniziative a favore degli enti territoriali. Da questa riunione dovrebbe uscire un documento che dica ai dipendenti delle province italiana che c’è un sindacato che sta provvedendo a portare proposte concrete. Perciò dobbiamo proporci anche come soggetto politico e cercare dei contatti negli ambienti politici. In merito, è evidente che qualcosa sta cambiando, lo stesso PD ha fatto dei passi indietro rispetto alla Delrio. Comunque, il massimo obiettivo è quello di far sì che i contributi in favore delle province, delle regioni a statuto ordinario, finalizzati rispettivamente all’esercizio delle funzioni fondamentali siano innalzati da 110 a 650 milioni. L’80% di questi enti non può chiudere il bilancio e quando si va in dissesto si comincia subito a parlare di esuberi e mobilità. Oltretutto, afferma ancora Paladino, la Sicilia è esclusa dal DL 50. In conclusione, afferma che bisogna al più presto predisporre un documento in merito e cercare di farlo arrivare direttamente alla Ministra Madia.

Anche Pierfrancesco Lincol sostiene che nella propria regione i lavoratori trasferiti non vogliono tornare alle province, perché mancano adeguate garanzie sullo stipendio. Poi la partecipazione alle RSU va da sé. Ora bisogna stringere legami fra le varie strutture territoriali per recuperare qui dipendenti delle province che, nel passaggio alla regione, si sono persi per strada. In definitiva, propone che la Segreteria Generale dia una direttiva per il coordinamento delle segreterie provinciali e regionali CSA.

Tullio Chetta (Lecce) afferma che bisognerebbe spostare l’attenzione dai lavoratori ai cittadini, che si trovano ad avere strade e scuole non manutenute e che magari devono fare centinaia di chilometri per proporre un’istanza. Proprio per evitare lunghi spostamenti la Regione Puglia, ad es. per la funzione turismo, ha aggirato il problema lasciando propri dipendenti in avvalimento presso le province. Facendo capire alla gente che questi disagi sono provocati da una legge malsana, di cui le province ed i loro dipendenti sono stati le vittime, il consenso nei nostri confronti salirebbe enormemente. Pertanto, dobbiamo fare in modo che le province riacquistino le loro funzioni, e il passo conseguente sarà il ritorno del personale. Sta di fatto che in molte province i dipendenti non percepiscono lo stipendio e diversi presidenti delle stesse si sono cautelati facendo denunce presso le Procure. Infine, è auspicabile che i cittadini tornino a esprimere i loro rappresentanti presso le Province attraverso il voto a suffragio universale.

Angelo Rossi (Lombardia) presenta un documento  con il quesito concernente la rappresentanza RSU provocata dallo sconquasso delle province, facendo presente che, in base all’art.2 del CCNQ del 10.2.2015, le RSU è formata da tutti i componenti trasferiti nella nuova amministrazione o ufficio, i quali continuano a svolgere le funzioni di componente RSU esclusivamente nell’amministrazione o ufficio dove sono assegnati che riguardano però l’intera RSU della Amministrazione Provinciale in quanto unica sede di lavoro e non solo sulle RSU relativamente alle funzioni trasferite.L’altro quesito riguarda gli RSU trasferiti che non possono votare i CCDI dei regionali in quanto ad oggi sono ancora titolari dei loro fondi e che fino a nuovo CCNL tali fondi sono ancora separati. E chiede che l’Ufficio Legislativo si incarichi di verificare se è possibile impugnare la disposizione.

Secondo il prof. Coco, responsabile dell’Ufficio Legislativo, la soluzione indicata dal citato articolo, valida per periodi di normalità, non può essere applicata nella particolare situazione venutasi a verificare con la soppressione delle province ed il ricollocamento di quote di personale presso altri enti fra cui le regioni. Infatti, questi trasferimenti alterano gravemente gli equilibri maggioritari che si erano realizzati presso gli enti di appartenenza, con violazione dei principi fondamentali che presiedono alle eventuali procedure di rimozione di rappresentanti sindacali. A suo avviso, quindi, la soluzione più plausibile sembrerebbe quella di riportare nelle predette amministrazioni di appartenenza (province) i rappresentanti ed innanzitutto quelli eletti alle RSU, fino alla scadenza del loro mandato, senza ulteriori effetti.

Per quanto riguarda invece la più ampia problematica dello stato giuridico degli istituti provinciali, Coco ha fatto presente che è opportuno sfatare un pregiudizio piuttosto negativo, riguardante l’eventuale rientro di personale ricollocato, qualora la provincia fosse restituita alla sua identità legislativa e costituzionale pregressa, ovvero vigente prima dell’entrata in vigore della legge Delrio. Giova a riguardo osservare che al momento attuale non esiste alcuna preclusione che impedisca al personale ricollocato presso altri enti di permanervi per il tempo necessario previsto dai relativi contratti. Pertanto questa impostazione “salva” perfettamente sia la libertà degli ex-provinciali di continuare a usufruire del nuovo posto ottenuto, sia di promuovere, come sembra giusto e necessario, il ripristino integrale dell’ordinamento provinciale, posto che essendo venuta meno la riforma costituzionale Renzi/Boschi, attualmente ci si trova al cospetto di una specie di mostro giuridico, ossia di una soppressione totale o parziale delle province, mentre esse continuano ad esercitare il ruolo di istituto costituzionale, assegnato loro dalla Carta del 1948.

Sulla Delrio, ha aggiunto Rossi, c’è chi effettivamente sta facendo marcia indietro. Se la legge è anticostituzionale, il problema sussiste. Ma non è la raccolta di firme a fare la differenza. Girando per le province lombarde è stato rilevato che, al di là Bergamo, il CSA non è rappresentato. A Pavia è stato fatto qualcosa ma siamo in salita, recuperare lo svantaggio è dura. Quanto alla questione fondi dobbiamo capire innanzitutto quale è l’intenzione del governo; ma per sbloccarli è chiaro che bisogna innalzare il tetto. E pure la triplice sta lavorando su questo. La regione Lombardia, aggiunge, sta accorpando più funzioni possibili e in pratica sta facendo sparire le province, sino a puntare all’obiettivo più alto di indire un referendum per ottenere addirittura l’autonomia. In definitiva, invita il Segretario a fare una scelta di campo, in chiave meramente sindacale, elaborando proposte condivisibili e che non ci si ritorcano contro.

Franco Colacelloe Carlo Cirasolaaffermano di aver incontrato delle contestazioni quando ha presentato la raccolta delle firme. Da un lato, la Regione Lombardia ha garantito lo stipendio a tutti i dipendenti per farli rimanere nelle province. Dall’altro, le 242 unità inserite nella regione Puglia fanno parte del suo patrimonio e l’azione di accorpamento che riguarda polizia provinciale, biblioteche, musei ecc. rende ancora più problematico il ritorno di tali lavoratori alle province.

Infine, Roberto Milano ha detto che se cancelliamo le province ammettiamo il controllo diretto dello Stato sui comuni, con l’Area Metropolitana che fa da controllore, e così si torna indietro di 40 anni.

Non essendoci altri interventi, Garofalo ringrazia tutti gli intervenuti per l’importante contributo dato alla discussione, che rafforza la centralità del Dipartimento Regioni/Province nell’ambito del CSA. Concorda con chi afferma che le scelte che andremo a fare non dovranno diventare un boomerang, perché se perdiamo i lavoratori delle province, le RSU e la rappresentatività non saremo più nelle condizioni di operare. In pratica, la predisposizione di un documento di carattere generale può andar bene, purché l’organizzazione non si esponga alle critiche degli altri. La questione essenziale è di ripristinare le funzioni delle Province, poi spetterà al governo valutare quanti dipendenti servono.

Come sindacato, il nostro dovere è di tenere tutto sotto controllo, in quanto ben sappiamo che c’è qualcuno che si sta dando da fare per farci fuori dalle RSU; dobbiamo cominciare a dare fastidio organizzando la protesta laddove ce ne sia bisogno; dare dei segnali chiari alla politica su quello che vogliamo e possibilmente avere incontri specifici; definire posizioni e salario.

In conclusione, l’intervento riepilogativo del Segretario generale evidenzia innanzitutto che, come dirigenti sindacali, non dobbiamo ragionare da politici ma da sindacalisti. Per questo, il lavoro del Dipartimento va strutturato per capire cosa è accaduto in tutte le province e quali sono i danni provocati al CSI dal passaggio del personale dalle province alle regioni. La strategia va tarata su quello che ci serve e quindi predisporre la piattaforma con cui formulare chiaramente le nostre richieste, compresa l’abrogazione della Delrio, valutandone altresì la sostenibilità economica.

Angelo Rossi (Lombardia), in qualità di coordinatore del Dipartimento, si incarica di predisporre al più presto un documento di base, che sarà poi girato a tutti i componenti dello stesso, per le opportune osservazioni. Su richiesta di Paladino, sarà elaborato anche un documento che tocchi i problemi emergenti delle province, con richiesta al governo di inserire nell’iter di conversione del DL 50.




Aumentano le perplessità sull’eventuale rinnovo contrattuale

Lettera aperta del Segretario Generale

In questi giorni, siamo venuti a conoscenza – anche attraverso alcuni documenti nei quali CGIL, CISL e UIL cantavano vittoria per il prossimo rinnovo del contratto nazionale dei lavoratori delle pubbliche amministrazioni pubblici, relativamente al triennio 2016/18 – di un atto di indirizzo che non fa altro che confermare i dubbi e le perplessità che manifestammo all’indomani dell’accordo stipulato tra il ministero della Funzione Pubblica e i sindacati confederali il 30 novembre u.s.

Quello che è stato un autentico “colpo di mano” fatto dal Governo Renzi in prossimità del referendum costituzionale – col chiaro intento di cercare disperatamente consensi sul fronte sindacale, presagendo una bocciatura che si sarebbe poi rivelata addirittura più sonante di quella prevedibile – viene descritto dal documento in oggetto come “rilevante punto di sintesi” delle ”condizioni di contesto” necessarie per l’apertura del negoziato.

Prima ancora di discutere sui dettagli dell’accordo – che per altro sono ben noti a tutti –  si deve in nuovamente constatare che il rinnovo contrattuale in oggetto riguarda i soli dipendenti della pubblica amministrazione centrale e non anche quelli degli enti locali, dei quali non si fa menzione nel documento in oggetto, se non in un breve paragrafo, nel quale si ribadisce che “per i comparti di contrattazione relativi a Funzioni locali, Istruzione e Ricerca, Sanità, i rispettivi comitati di settore saranno chiamati ad impartire successi indirizzi, anche a completamento della parte generale del presente documento.”

Il tutto, con la “benedizione” di CIGL-CISL-UIL, che evidentemente hanno sacrificato i lavoratori degli enti locali sull’altare della promessa di Renzi di aumentare il salario medio mensile di 85 euro. Promessa che, per altro, si è rivelata vacua sin dalle prime battute. Come si ricorderà, da parte nostra le perplessità furono subito enormi, trovando poi conferma nell’annuncio da parte del Consiglio dei Ministri che gli stanziamenti sarebbero stati di 2,8 miliardi complessivi. Una cifra che garantirebbe al massimo un aumento di 36 euro!

Naturalmente, l’impegno  sottoscritto dal Governo per dare attuazione ai contenuti dell’intesa del 30 novembre 2016 rimane subordinato al reperimento delle ulteriori risorse finanziarie necessarie, cosa che dovrebbe avvenire inserendo l’apposita quota di stanziamento nella prossima legge di bilancio. In sostanza, allo stato attuale lo stanziamento c’è, ma senza copertura.

E il fatto che questa copertura sia del tutto ipotetica lo testimonia un altro passaggio del documento, dove si afferma che: “qualora si determinino nuovi oneri ovvero nuovi risparmi di spesa rispetto a quelli considerati ai fini del saldi di finanza pubblica, i medesimi sono corrispondentemente posti a carico delle risorse contrattuali.”

Piuttosto nebulosa è la questione “partecipazione sindacale”. Il documento parla genericamente di un ampliamento delle forme  di tale partecipazione, rispetto a quanto disposto dal DL 95/2012, “anche sugli aspetti riguardanti l’organizzazione del lavoro, per i quali resta preclusa la contrattazione ma, a differenza da quando previsto dal DL 150/2009, è ammissibile una forma di coinvolgimento delle organizzazioni sindacali, che non sia esclusivamente limitata all’informazione. Compito della contrattazione collettiva nazionale sarà, dunque, quello di declinare le tipologie e le corrispondenti modalità dei modelli partecipativi, a tal fine prevedendo, oltre alla informazione, anche ambiti di consultazione sindacale.”

Tale indirizzo non sembra certo supportare la “ripresa di nuove e più efficaci relazioni sindacali”, come indicato nella Premessa del documento. Semmai, può trattarsi solo di un lieve, risibile ammorbidimento della rigidità con la quale il decreto legislativo 150/2009 aveva confinato la partecipazione sindacale sulle decisioni assunte dalle singole amministrazioni, che era stata solo appena edulcorata dal DL 95/2012, che ha reso possibile l’esame congiunto, se ed in quanto previsto dalla contrattazione nazionale, esclusivamente sulle misure inerenti la gestione del rapporto di lavoro.

In definitiva, ribadiamo la nostra disapprovazione per una iniziativa che va ad allargare ulteriormente la forbice fra il contratto nazionale del pubblico impiego e i CCN relativi agli enti locali, andando a deprimere ulteriormente i lavoratori degli Enti locali, oggi Funzioni locali.

Considerando che siamo ormai gli ultimi a schierarci a difesa di questo comparto, già da tempo stiamo lavorando alla predisposizione di proposte concrete per colmare le distanze fra le due tipologie di contratto e per evitare che la situazione altamente deficitaria in cui versano le casse degli enti locali possa essere causa del prolungamento di un’attesa che, per i lavoratori delle Funzioni locali, è diventata da tempo insostenibile.

In sostanza, per i lavoratori delle Funzioni locali, andremo a chiedere, per quanto irrisoria, la stessa cifra che sarà riconosciuta ai dipendenti delle amministrazioni centrali, che andrà perlomeno a coprire il vuoto lasciato dalla lunga vacanza accumulata dal rinnovo contrattuale.

Vi terremo informati sugli sviluppi della questione, così anche da evitare che la diffusione incontrollata di notizie non veritiere possa generare ulteriore turbamento negli ambienti lavorativi.

 

Il Segretario Generale

Francesco Garofalo

 




Assemblea Napoli: riflessi delle agenzie di stampa

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Rassegna 1

Rassegna 2




Lettera aperta del Segretario Generale al lavoratori del Comune di Napoli

A seguito della prima assemblea pubblica tenutasi ieri a Napoli, con una folta rappresentanza di lavoratori iscritti al nostro Sindacato che espletano il proprio servizio nelle strutture del Comune partenopeo, vorrei rivolgere un vivo ringraziamento a tutti i partecipanti, ed in particolare agli esponenti comunali ed istituzionali – in primis, al Direttore Generale del Comune 

di Napoli Attilio Auricchio, all’Assessore alla Polizia Municipale e Politiche Giovanili Alessandra Clemente e a svariati dirigenti del Comune di Napoli – che ci hanno onorato della loro presenza, ed esprimere un elogio a Franca Pinto, Roberta Stella, Gennaro Martinelli e a tutti i quadri ai vari livelli per essersi adoperati nella parte organizzativa, contribuendo in  maniera decisiva alla piena riuscita dell’iniziativa.

 

Il CSA ha lanciato all’assemblea segnali importanti ed inequivocabili, come mai nessun altro aveva fatto ed è vivo il mio compiacimento per aver colto, da parte delle istituzioni, piena condivisione sui temi trattati. E ciò rappresenta la miglior garanzia affinchè nel prossimo futuro si possa procedere insieme, ed in sintonia, verso il miglioramento delle condizioni di lavoro e al tempo stesso dell’efficientamento dell’apparato organizzativo comunale e dei servizi resi alla cittadinanza.

Napoli sta crescendo, e lo sta facendo tra mille difficoltà, sotto la guida di persone capaci, esperte e sensibili. Perciò, da parte della nostra Organizzazione Sindacale – che nel capoluogo campano è il primo sindacato in assoluto nei comparti di riferimento  – è intenzione primaria quella di offrire al Comune e, conseguentemente, agli organi amministrativi della Provincia e della Regione, la massima collaborazione, sempre nel rispetto dei rispettivi ruoli e competenze.

Il CSA, con questo nuovo progetto sindacale, altamente innovativo, ha riaffermato nell’assemblea di Napoli la propria autonomia e libertà, caratteristiche che lo distinguono da tutte le altre OO.SS. E l’approvazione riscossa da parte dell’Assemblea è un incentivo forte per proseguire su questa strada con fermezza.

Purtroppo, mi corre l’obbligo di segnalare che la bellissima immagine di questa giornata che abbiamo vissuto a Napoli è stata sporcata da un articolo apparso su Il Mattino in data odierna, che ci sorprende e ci offende profondamente.

Un quotidiano autorevole come questo dovrebbe apprezzare iniziative come quella realizzata da CSA – dove si è parlato di legalità e legittimità, alla presenza di personalità di altissimo spessore morale – in una città come quella di Napoli che è in difficoltà perenne, non solo economica ma direi soprattutto di valori.

E’ inaccettabile che si venga ad infangare in modo becero un dirigente di questo Sindacato che – come è stato affermato nell’articolo medesimo – è uomo libero e innocente fino a prova contraria, il quale sta facendo valere, nell’iter processuale le proprie ragioni al fine di dimostrare la propria totale estraneità ai fatti nei quali sarebbe coinvolto. E noi siamo certi che la magistratura, verso la quale nutriamo la massima fiducia, sarà in grado di ricostruire i fatti facendo emergere la verità e quindi riaffermando la piena integrità del nostro dirigente.

In proposito, annuncio che sarà cura del nostro ufficio legale esaminare con attenzione i contenuti dell’articolo in oggetto per contestare le inesattezze in esso riportate.

Nell’esprimere piena fiducia al lavoro che il nostro Segretario regionale porta avanti per un sindacato libero, trasparente e onesto, faccio presente a tutti i lavoratori del Comune di Napoli e a tutte le Delegazioni che hanno partecipato all’assemblea che non saranno certo questi modi squallidi a fermare la crescita di CSA e FIADEL. Anzi, le nostre OO.SS. continueranno a portare avanti a testa alta gli impegni assunti coi lavoratori, per dare maggiore dignità al lavoro che essi tutti i giorni svolgono al servizio degli enti e dei cittadini.

Colgo perciò l’occasione per rivolgere l’invito alla dirigenza sindacale ai vari livelli di stare sempre più vicino ai lavoratori, che in questa fase di profonda crisi non possono essere abbandonati alle loro problematiche, come altri hanno fatto in tutti questi anni.

Il Segretario Generale CSA

Francesco Garofalo

 

 

 

 

 




Il CSA rafforza le sinergie col Comune di Napoli

COMUNICATO STAMPA – 6 giugno

Questa mattina, presso il Teatro Totò in Napoli, si è tenuta la prima assemblea pubblica coi lavoratori del Comune di Napoli e le delegazioni dei lavoratori della Regione Campania iscritti al CSA – Regioni Autonomie Locali.

Un momento importante di confronto per un sindacato innovativo, che vuole affrontare il futuro dei lavoratori delle Funzioni Locali in un ritrovato spirito sinergico tra vertici e base sindacale, con la partecipazione dei quadri provinciali e regionali dell’Organizzazione Sindacale, del Direttore Generale del Comune di Napoli Attilio Auricchio, dell’Assessore alla Polizia Municipale e Politiche Giovanili Alessandra Clemente, a cui si aggiunge la significativa presenza dei dirigenti del Comune di Napoli.

Di fronte a centinaia di lavoratori, Il Segretario Generale CSA Francesco Garofalo  ha concluso i lavori lanciando un nuovo progetto sindacale che, partendo dal Comune di Napoli – dove CSA e Fiadel  costituiscono il primo sindacato in assoluto nei comparti di riferimento – porterà al consolidamento delle azioni che già da anni le due OO.SS. hanno avviato sul territorio nazionale, affermandosi nella loro unitarietà come sindacato autonomo, libero e senza compromessi.